Catone in Utica, Parigi, Hérissant, 1780

 ATTO TERZO
 
 SCENA PRIMA
 
 Cortile.
 
 CESARE e FULVIO
 
 CESARE
 Tutto, amico, ho tentato; alcun rimorso
 più non mi resta. Invan finsi finora
 ragioni alla dimora,
1310sperando pur che della figlia al pianto,
 d'Utica a' prieghi e de' perigli a fronte
 si piegasse Catone. Or so ch'ei volle
 invece di placarsi
 Marzia svenar, perché gli chiese pace,
1315perché disse d'amarmi. Andiamo; ormai
 giusto è il mio sdegno; ho tollerato assai. (In atto di partire)
 FULVIO
 Ferma, tu corri a morte.
 CESARE
 Perché?
 FULVIO
                  Già su le porte
 d'Utica v'è chi nell'uscir ti deve
1320privar di vita.
 CESARE
                             E chi pensò la trama?
 FULVIO
 Emilia. Ella mel disse; ella confida
 nell'amor mio, tu 'l sai.
 CESARE
                                             Coll'armi in pugno
 ci apriremo la via. Vieni.
 FULVIO
                                                Raffrena
 questo ardor generoso. Altro riparo
1325offre la sorte.
 CESARE
                           E quale?
 FULVIO
                                              Un, che fra l'armi
 milita di Catone, infino al campo
 per incognita strada
 ti condurrà.
 CESARE
                         Chi è questi?
 FULVIO
 Floro si appella; uno è di quei che scelse
1330Emilia a trucidarti. Ei vien pietoso
 a palesar la frode
 e ad aprirti lo scampo.
 CESARE
                                            Ov'è?
 FULVIO
                                                          Ti attende
 d'Iside al fonte. Egli mi è noto; a lui
 fidati pure. Intanto al campo io riedo;
1335e per l'esterno ingresso
 di quel cammino istesso a te svelato,
 co' più scelti de' tuoi
 tornerò poi per tua difesa armato.
 CESARE
 E fidarci così?
 FULVIO
                             Vivi sicuro;
1340avran di te, che sei
 la più grand'opra lor, cura gli dei.
 
    La fronda, che circonda
 a' vincitori il crine,
 soggetta alle ruine
1345del folgore non è.
 
    Compagna dalla cuna
 apprese la fortuna
 a militar con te. (Parte)
 
 SCENA II
 
 CESARE e poi MARZIA
 
 CESARE
 Quanti aspetti la sorte
1350cangia in un giorno!
 MARZIA
                                        Ah Cesare, che fai?
 Come in Utica ancor?
 CESARE
                                          L'insidie altrui
 mi son d'inciampo.
 MARZIA
                                      Per pietà, se m'ami,
 come parte del mio
 difendi il viver tuo. Cesare, addio. (In atto di partire)
 CESARE
1355Fermati, dove fuggi?
 MARZIA
 Al germano, alle navi. Il padre irato
 vuol la mia morte. (Oh dio, (Guardando intorno)
 giungesse mai!) Non m'arrestar; la fuga
 sol può salvarmi.
 CESARE
                                  Abbandonata e sola
1360arrischiarti così? Ne' tuoi perigli
 seguirti io deggio.
 MARZIA
                                    No; se è ver che m'ami,
 me non seguir; pensa a te sol; non dei
 meco venire. Addio... Ma senti; in campo,
 com'è tuo stil, se vincitor sarai,
1365oggi del padre mio
 risparmia il sangue, io te ne priego. Addio. (In atto di partire)
 CESARE
 T'arresta anche un momento.
 MARZIA
                                                        È la dimora
 perigliosa per noi; potrebbe... Io temo... (Guardando intorno)
 Deh lasciami partir.
 CESARE
                                        Così t'involi?
 MARZIA
1370Crudel, da me che brami? È dunque poco
 quanto ho sofferto? Ancor tu vuoi ch'io senta
 tutto il dolor d'una partenza amara?
 Lo sento sì, non dubitarne; il pregio
 d'esser forte m'hai tolto. Invan sperai
1375lasciarti a ciglio asciutto. Ancora il vanto
 del mio pianto volesti; ecco il mio pianto.
 CESARE
 Aimè, l'alma vacilla!
 MARZIA
 Chi sa se più ci rivedremo e quando;
 chi sa se il fato rio
1380non divida per sempre i nostri affetti.
 CESARE
 E nell'ultimo addio tanto ti affretti?
 MARZIA
 
    Confusa, smarrita
 spiegarti vorrei
 che fosti... che sei...
1385Intendimi, oh dio!
 Parlar non poss'io;
 mi sento morir.
 
    Fra l'armi se mai
 di me ti rammenti,
1390io voglio... Tu sai...
 Che pena! Gli accenti
 confonde il martir. (Parte)
 
 SCENA III
 
 CESARE, poi ARBACE
 
 CESARE
 Quali insoliti moti
 al partir di costei prova il mio core!
1395Dunque al desio d'onore
 qualche parte usurpar de' miei pensieri
 potrà l'amor?
 ARBACE
                            (M'inganno (Nell’uscire si ferma)
 o pur Cesare è questi?)
 CESARE
                                             Ah l'esser grato,
 aver pietà d'una infelice alfine
1400debolezza non è. (In atto di partire)
 ARBACE
                                  Fermati; e dimmi
 quale ardir, qual disegno
 t'arresta ancor fra noi?
 CESARE
                                            (Questi chi fia?)
 ARBACE
 Parla.
 CESARE
              Del mio soggiorno
 qual cura hai tu?
 ARBACE
                                  Più che non pensi.
 CESARE
                                                                      Ammiro
1405l'audacia tua ma non so poi se a' detti
 corrisponda il valor.
 ARBACE
                                       Se l'assalirti
 dove ho tante difese e tu sei solo
 non paresse viltade, or ne faresti
 prova a tuo danno.
 CESARE
                                     E come mai con questi
1410generosi riguardi Utica unisce
 insidie e tradimenti?
 ARBACE
                                          Ignote a noi
 furon sempre quest'armi.
 CESARE
                                                  E pur si tenta,
 nell'uscir ch'io farò da queste mura,
 di vilmente assalirmi.
 ARBACE
                                           E qual saria
1415sì malvagio fra noi?
 CESARE
                                       Nol so; ti basti
 saper che v'è.
 ARBACE
                            Se temi
 della fé di Catone o della mia,
 t'inganni; io ti assicuro
 che alle tue tende or ora
1420illeso tornerai; ma in quelle poi
 men sicuro sarai forse da noi.
 CESARE
 Ma chi sei tu che meco
 tanta virtù dimostri e tanto sdegno?
 ARBACE
 Né mi conosci?
 CESARE
                               No.
 ARBACE
                                         Son tuo rivale
1425nell'armi e nell'amor.
 CESARE
                                          Dunque tu sei
 il principe numida
 di Marzia amante e al genitor sì caro?
 ARBACE
 Sì, quello io sono.
 CESARE
                                   Ah! Se pur l'ami, Arbace,
 la siegui, la raggiungi; ella s'invola
1430del padre all'ira intimorita e sola.
 ARBACE
 Dove corre?
 CESARE
                         Al germano.
 ARBACE
 Per qual cammin?
 CESARE
                                     Chi sa? Quindi pur dianzi
 passò fuggendo.
 ARBACE
                                A rintracciarla io vado.
 Ma no; prima al tuo campo
1435deggio aprirti la strada; andiam.
 CESARE
                                                              Per ora
 il periglio di lei
 è più grave del mio; vanne.
 ARBACE
                                                    Ma teco
 manco al dover, se qui ti lascio.
 CESARE
                                                           Eh pensa
 Marzia a salvare, io nulla temo. È vana
1440un'insidia palese.
 ARBACE
 Ammiro il tuo gran cor; tu del mio bene
 al soccorso m'affretti, il tuo non curi;
 e colei che t'adora
 con generoso eccesso
1445rival confidi al tuo rivale istesso.
 
    Combattuta da tante vicende
 si confonde quest'alma nel sen.
 
    Il mio bene mi sprezza e m'accende;
 tu m'involi e mi rendi il mio ben. (Parte)
 
 SCENA IV
 
 CESARE
 
 CESARE
1450Del rivale all'aita
 or che Marzia abbandono ed or che il fato
 mi divide da lei, non so qual pena
 incognita finor m'agita il petto.
 Taci, importuno affetto;
1455no, fra le cure mie luogo non hai,
 se a più nobil desio servir non sai.
 
    Quell'amor che poco accende
 alimenta un cor gentile
 come l'erbe il nuovo aprile,
1460come i fiori il primo albor.
 
    Se tiranno poi si rende,
 la ragion ne sente oltraggio
 come l'erba al caldo raggio,
 come al gelo esposto il fior. (Parte)
 
 SCENA V
 
  Acquedotti antichi, ridotti ad uso di strada sotterranea, che conducono dalla città alla marina, con porta chiusa da un lato del prospetto.
 
 MARZIA
 
 MARZIA
1465Pur veggo alfine un raggio
 d'incerta luce infra l'orror di queste
 dubbiose vie; ma non ritrovo il varco (Guardando attorno)
 che al mar conduce. Orma non v'è che possa
 additarne il sentier. Mi trema in petto
1470per tema il cor. L'ombre, il silenzio, il grave
 fra questi umidi sassi aere ristretto
 peggior de' rischi miei rendon l'aspetto.
 Ah se d'uscir la via
 rinvenir non sapessi... (Guardando s’avvede della porta) Eccola. Alquanto
1475l'alma respira. Al lido
 si affretti il piè. Ma, s'io non erro, il passo
 chiuso mi sembra. Oh dio!
 Purtroppo è ver. Chi l'impedì? Si tenti. (Torna alla porta)
 Cedesse almeno. Ah che m'affanno invano!
1480Misera, che farò? Per l'orme istesse
 tornar conviene. Alla mia fuga il cielo
 altra strada aprirà. Numi, qual sento
 di varie voci e di frequenti passi
 suono indistinto! Ove n'andrò? Si avanza
1485il mormorio. Potessi
 quel riparo atterrar. Né pur si scuote. (S’appressa di nuovo e scuote la porta)
 Dove fuggir? Forza è celarsi. E quando
 i timori e gli affanni
 avran fine una volta, astri tiranni? (Si nasconde)
 
 SCENA VI
 
 EMILIA, con ispada nuda e gente armata, e detta in disparte
 
 EMILIA
1490È questo, amici, il luogo ove dovremo
 la vittima svenar. Fra pochi istanti
 Cesare giungerà. Chiusa è l'uscita
 per mio comando, onde non v'è per lui
 via di fuggir. Voi fra que' sassi occulti
1495attendete il mio cenno. (La gente d’Emilia si ritira)
 MARZIA
                                              (Aimè che sento!)
 EMILIA
 Quanto tarda il momento
 sospirato da me! Vorrei... Ma parmi
 ch'altri s'appressi. È questo
 certamente il tiranno. Aita, o dei;
1500se vendicata or sono,
 ogni oltraggio sofferto io vi perdono. (Si nasconde)
 MARZIA
 (Oh ciel, dove mi trovo! Almen potessi
 impedir ch'ei non giunga).
 
 SCENA VII
 
 CESARE e dette in disparte
 
 CESARE
                                                    Il calle angusto (Guardando la scena)
 qui si dilata; ai noti segni il varco
1505non lungi esser dovrà. Floro, m'ascolti? (Voltandosi indietro)
 Floro. Nol veggio più. Fin qui condurmi,
 poi dileguarsi! Io fui
 troppo incauto in fidarmi. Eh non è questo
 il primo ardir felice; io di mia sorte
1510feci in rischio maggior più certa prova.
 EMILIA
 Ma questa volta il suo favor non giova. (Esce)
 MARZIA
 (Oh stelle!)
 CESARE
                        Emilia armata!
 EMILIA
                                                      È giunto il tempo
 delle vendette mie.
 CESARE
                                      Fulvio ha potuto
 ingannarmi così!
 EMILIA
                                  No, dell'inganno
1515tutta la gloria è mia. Della sua fede
 giurata a te contro di te mi valsi.
 Perché impedisse il tuo ritorno al campo,
 a Fulvio io figurai
 d'Utica su le porte i tuoi perigli.
1520Per condurti ove sei, Floro io mandai
 con simulato zelo a palesarti
 questa incognita strada. Or dal mio sdegno,
 se puoi, t'invola.
 CESARE
                                 Un femminil pensiero
 quanto giunge a tentar!
 EMILIA
                                              Forse volevi
1525che insensati gli dei sempre i tuoi falli
 soffrissero così? Che sempre il mondo
 pianger dovesse in servitù dell'empio
 suo barbaro oppressor? Che l'ombra grande
 del tradito Pompeo
1530eternamente invendicata errasse?
 Folle! Contro i malvagi,
 quando più gli assicura,
 allor le sue vendette il ciel matura.
 CESARE
 Alfin che chiedi?
 EMILIA
                                  Il sangue tuo.
 CESARE
                                                             Sì lieve
1535non è l'impresa.
 EMILIA
                                 Or lo vedremo.
 MARZIA
                                                               (Oh dio!)
 EMILIA
 Olà, costui svenate. (Esce la gente d’Emilia)
 CESARE
 Prima voi caderete. (Cava la spada)
 MARZIA
                                        Empi, fermate.
 CESARE
 (Marzia!)
 EMILIA
                     (Che veggio!)
 MARZIA
                                                E di tradir non sente
 vergogna Emilia?
 EMILIA
                                   E di fuggir con lui
1540non ha Marzia rossore?
 CESARE
                                             (Oh strani eventi!)
 MARZIA
 Io con Cesare! Menti.
 L'ira del padre ad evitar m'insegna
 giusto timor.
 
 SCENA VIII
 
 CATONE con ispada nuda e detti
 
 CATONE
                           Pur ti ritrovo, indegna. (Verso Marzia)
 MARZIA
 Misera!
 CESARE
                  Non temer. (Va a porsi davanti a Marzia)
 CATONE
                                         Che miro! (Vedendo Cesare)
 EMILIA
                                                              Oh stelle! (Vedendo Catone)
 CATONE
1545Tu in Utica, o superbo? (A Cesare)
 Tu seco, o scellerata? (A Marzia)
 Voi qui senza mio cenno? (Alla gente armata) Emilia armata?
 Che si vuol? Che si tenta?
 CESARE
 La morte mia ma con viltà.
 EMILIA
                                                    Tu vedi (A Catone)
1550ch'oggi è dovuto all'onor tuo quel sangue,
 non men che all'odio mio.
 MARZIA
 Ah questo è troppo! È Cesare innocente;
 innocente son io.
 CATONE
                                  Taci. Comprendo
 i vostri rei disegni. Olà, dal fianco
1555di lui l'empia si svelga. (Alla gente armata)
 CESARE
                                              A me la vita (Si pone in difesa)
 prima toglier conviene.
 CATONE
 Temerario.
 EMILIA
                        Eh s'uccida. (A Catone)
 MARZIA
 Padre, pietà.
 CATONE
                           Deponi il brando. (A Cesare)
 CESARE
                                                             Il brando
 io non cedo così. (S’ode di dentro romore)
 EMILIA
                                  Qual improvviso
1560strepito ascolto?
 CATONE
                                 E di quai grida intorno
 risonan queste mura?
 MARZIA
 Che fia!
 CESARE
                  Non paventar.
 EMILIA
                                              Troppo il tumulto, (A Catone, sentendo crescere il romore)
 signor, si avanza.
 MARZIA
                                  Ai replicati colpi
 crollano i sassi.
 CATONE
                               Insidia è questa. Ah, prima
1565ch'altro ne avvenga, all'onor mio si miri.
 L'empia non uccidete.
 Disarmate il tiranno; io vi precedo. (Alla gente)
 
 SCENA IX
 
 FULVIO con gente armata, che gettati a terra i ripari entra, e detti
 
 FULVIO
 Venite, amici.
 MARZIA ed EMILIA
                             O ciel!
 CATONE
                                            Numi, che vedo!
 FULVIO
 Cesare, all'armi nostre
1570Utica aprì le porte; or puoi sicuro
 goder della vittoria.
 CATONE
                                       Ah siam traditi!
 CESARE
 Corri, amico, e raffrena (A Fulvio)
 la militar licenza; io vincer voglio,
 non trionfare.
 EMILIA
                             Inutil ferro! (Getta la spada)
 MARZIA
                                                     Oh dei!
 FULVIO
1575Parte di voi rimanga (a’ suoi soldati)
 di Cesare in difesa. Emilia, addio.
 EMILIA
 Va', indegno.
 FULVIO
                           A Roma io servo e al dover mio. (Parte. Restano alcune guardie con Cesare)
 CESARE
 Catone, io vincitor...
 CATONE
                                        Taci. Se chiedi
 ch'io ceda il ferro, eccolo; (Getta la spada) un tuo comando
1580udir non voglio.
 CESARE
                                Ah no, torni al tuo fianco,
 torni l'illustre acciar.
 CATONE
                                         Sarebbe un peso
 vergognoso per me, quando è tuo dono.
 MARZIA
 Caro padre...
 CATONE
                           T'accheta.
 Il mio rossor tu sei.
 MARZIA
                                      Si plachi almeno
1585il cor d'Emilia.
 EMILIA
                              Il chiedi invano.
 CESARE
                                                              Amico, (A Catone)
 pace, pace una volta.
 CATONE
                                        Invan la speri.
 MARZIA
 Ma tu che vuoi? (Ad Emilia)
 EMILIA
                                 Viver fra gli odi e l'ire.
 CESARE
 Ma tu che brami? (A Catone)
 CATONE
                                     In libertà morire.
 MARZIA
 
    Deh in vita ti serba. (A Catone)
 
 CESARE
 
1590Deh sgombra l'affanno. (Ad Emilia)
 
 CATONE
 
 Ingrata, superba. (A Marzia)
 
 EMILIA
 
 Indegno, tiranno. (A Cesare)
 
 CESARE
 
 Ma t'offro la pace. (A Catone)
 
 CATONE
 
 Il dono mi spiace.
 
 MARZIA
 
1595Ma l'odio raffrena. (Ad Emilia)
 
 EMILIA
 
 Vendetta sol voglio.
 
 CESARE
 
 Che duolo!
 
 MARZIA
 
                       Che pena!
 
 EMILIA
 
 Che fasto!
 
 CATONE
 
                      Che orgoglio!
 
 TUTTI
 
 Più strane vicende
1600la sorte non ha.
 
 MARZIA
 
    M'oltraggia, m'offende (Da sé)
 il padre sdegnato.
 
 CESARE
 
 Non cangia pensiero (Verso Catone)
 quel core ostinato.
 
 EMILIA
 
1605Vendetta non spero. (Da sé)
 
 CATONE
 
 La figlia è ribelle. (Da sé)
 
 TUTTI
 
 Che voglian le stelle
 quest'alma non sa. (Partono)
 
 SCENA X
 
 Luogo magnifico nel soggiorno di Catone.
 
 ARBACE con ispada nuda ed alcuni seguaci; poi FULVIO dal fondo, parimente con ispada, e seguito di cesariani
 
 ARBACE
 Dove mai l'idol mio,
1610dove mai si celò? M'affretto invano;
 né pur qui lo ritrovo. Oh dei! Già tutta
 di nemiche falangi Utica è piena.
 Compagni, amici, ah per pietà si cerchi,
 si difenda il mio ben. Ma già s'avanza
1615Fulvio con l'armi. Ardir, miei fidi; andiamo
 contro lo stuolo audace
 a vendicarci almen.
 FULVIO
                                       Fermati, Arbace.
 Il dittator non vuole
 che si pugni con voi. Di sua vittoria
1620altro frutto non chiede
 che la vostra amistà, la vostra fede.
 ARBACE
 Che fede, che amistà? Tutto è perduto;
 altra speme non resta
 che terminar la vita
1625ma con l'acciaro in man.
 
 SCENA XI
 
 EMILIA e detti
 
 EMILIA
                                               Principe, aita. (Ad Arbace)
 ARBACE
 Che fu?
 EMILIA
                  Muore Catone.
 FULVIO
                                               E chi l'uccide?
 EMILIA
 Si ferì di sua mano.
 ARBACE
                                       E niuno accorse
 il colpo a trattener?
 EMILIA
                                      La figlia ed io
 tardi giungemmo. Il brieve acciar di pugno
1630lasciò rapirsi, allor però che immerso
 l'ebbe due volte in seno.
 ARBACE
                                               Ah, pria che muora,
 si procuri arrestar l'alma onorata. (In atto di partire)
 FULVIO
 Lo sappia il dittator. (Parte Fulvio)
 
 SCENA XII
 
 CATONE ferito, MARZIA e detti
 
 CATONE
                                         Lasciami, ingrata. (A Marzia)
 MARZIA
 Arbace, Emilia.
 ARBACE
                                Oh dio!
1635Che facesti, o signore?
 CATONE
                                            Al mondo, a voi
 ad evitar la servitude insegno.
 EMILIA
 Alla pietosa cura
 cedi de' tuoi.
 ARBACE
                           Pensa ove lasci e come
 una misera figlia.
 CATONE
                                   Ah l'empio nome
1640tacete a me; sol questa indegna oscura
 la gloria mia.
 MARZIA
                           Che crudeltà! Deh ascolta
 i prieghi miei. (A Catone)
 CATONE
                               Taci.
 MARZIA
                                           Perdono, o padre, (S’inginocchia)
 caro padre, pietà. Questa, che bagna
 di lagrime il tuo piede, è pur tua figlia.
1645Ah volgi a me le ciglia,
 vedi almen la mia pena;
 guardami una sol volta e poi mi svena.
 ARBACE
 Placati alfine. (A Catone)
 CATONE
                             Or senti. (A Marzia)
 Se vuoi che l'ombra mia vada placata
1650al suo fatal soggiorno, eterna fede
 giura ad Arbace; e giura
 all'oppressore indegno
 della patria e del mondo eterno sdegno.
 MARZIA
 (Morir mi sento).
 CATONE
                                   E pensi ancor? Conosco
1655l'animo avverso. Ah da costei lontano
 lasciatemi morir.
 MARZIA
                                   No, padre, ascolta; (S’alza)
 tutto farò. Vuoi che ad Arbace io serbi
 eterna fé? La serberò. Nemica
 di Cesare mi vuoi? Dell'odio mio
1660contro lui ti assicuro.
 CATONE
 Giuralo.
 MARZIA
                   Oh dio! Su questa man lo giuro. (Prende la mano di Catone e la bacia)
 ARBACE
 Mi fa pietà.
 EMILIA
                         (Che cangiamento!)
 CATONE
                                                                Or vieni (Catone abbraccia Marzia)
 fra queste braccia e prendi
 gli ultimi amplessi miei, figlia infelice.
1665Son padre alfine; e nel momento estremo
 cede a' moti del sangue
 la mia fortezza. Ah non credea lasciarti
 in Africa così.
 MARZIA
                            Mi scoppia il core!
 ARBACE
 Oh dei!
 CATONE
                  Marzia, il vigore (Catone siede)
1670sento mancar... Vacilla il piè... Qual gelo
 mi scorre per le vene! (Catone sviene)
 MARZIA
 Soccorso, Arbace; il genitor già sviene. (Si vedono venir Cesare e Fulvio dal fondo)
 ARBACE
 Non ti avvilir. La tenerezza opprime
 gli spirti suoi.
 MARZIA
                             Consiglio, Emilia.
 EMILIA
                                                                Arriva
1675Cesare a noi.
 MARZIA
                           Misera me!
 ARBACE
                                                   Che giorno
 è questo mai!
 
 SCENA ULTIMA
 
 CESARE, poi FULVIO con numeroso seguito e detti
 
 CESARE
                            Vive Catone?
 ARBACE
                                                       Ancora
 lo serba il ciel.
 CESARE
                             Per mantenerlo in vita
 tutto si adopri, anche il mio sangue istesso.
 MARZIA
 Parti, Cesare, parti,
1680non accrescermi affanni.
 CATONE
                                                Ah figlia!
 ARBACE
                                                                    Al labbro
 tornan gli accenti.
 CESARE
                                    Amico, vivi e serba (Cesare si appressa a Catone e lo sostiene)
 alla patria un eroe.
 CATONE
                                     Figlia, ritorna (Catone prende per la mano Cesare, credendolo Marzia)
 a questo sen. Stelle, ove son! Chi sei?
 CESARE
 Stai di Cesare in braccio.
 CATONE
                                                Ah indegno! E quando
1685andrai lungi da me? (Tenta di alzarsi e ricade)
 CESARE
                                         Placati.
 CATONE
                                                         Io voglio...
 Manca il vigor; ma l'ira mia richiami
 gli spirti al cor. (S’alza da sedere)
 MARZIA
                                Reggiti, o padre.
 CESARE
                                                                E vuoi
 morir così nemico?
 CATONE
                                      Anima rea,
 io moro sì ma della morte mia
1690poco godrai; la libertade oppressa
 il suo vindice avrà. Palpita ancora
 la grand'alma di Bruto in qualche petto.
 Chi sa...
 ARBACE
                  Tu manchi.
 EMILIA
                                         Oh dio!
 CATONE
                                                          Chi sa; lontano
 forse il colpo non è. Per pace altrui
1695l'affretti il cielo; e quella man che meno
 credi infedel, quella ti squarci il seno.
 FULVIO
 (L'insulta anche morendo).
 CATONE
                                                    Ecco... al mio ciglio...
 già langue... il dì.
 CESARE
                                  Roma, chi perdi!
 CATONE
                                                                   Altrove...
 portatemi... a morir.
 MARZIA
                                        Vieni.
 EMILIA e ARBACE
                                                      Che affanno!
 CATONE
1700No... non vedrai... tiranno...
 nella... morte... vicina...
 spirar... con me... la libertà... latina. (Catone, sostenuto da Marzia e da Arbace, entra morendo)
 CESARE
 Ah! Se costar mi deve
 i giorni di Catone il serto, il trono,
1705ripigliatevi, o numi, il vostro dono. (Getta il lauro)
 
 FINE